350 anni di San Pietro


La Chiesa-convento di S. Pietro di Savona compie 350 anni

25 aprile 1664: posa della prima pietra
Le tappe di un cammino travagliato 

(dal manoscritto dei pp. A. Arnaldi e A. Carattino)

Una ricorrenza importante che merita di essere ricordata attraverso un breve excursus storico.

   Nel 1617 i Carmelitani Scalzi residenti in Italia suddividono il territorio in province o circoscrizioni religiose. La provincia di Genova, che fa capo al Convento di S. Anna (il primo ad essere stato fondato fuori dalla Spagna dopo la riforma teresiana) e comprende Liguria,Toscana e Piemonte, ha un programma molto ambizioso per una rapida diffusione dell’Ordine, anche grazie al favore delle autorità e dei nobili genovesi. Nel 1622 possiede già 5 conventi (tra cui Loano e il Deserto di Varazze) e prevede altre fondazioni, compresa Savona, scelta non solo per la felice posizione centrale, ma anche perché dal 1623 esiste un monastero di Carmelitane Scalze, che necessitano dell’assistenza spirituale e materiale dei loro confratelli. 
   La loro richiesta di insediamento vede il favore delle autorità civili e religiose ma incontra l’ostilità degli altri Ordini religiosi già presenti (ben 9) che contestano il non rispetto delle distanze tra un convento e l’altro e temono di vedere diminuite le elemosine dei fedeli. In attesa di ottenere la licenza di fondazione, sul finire del 1628 i Carmelitani prendono possesso di una casa nel Borgo S. Giovanni, vicino al Monastero delle Carmelitane (attuale Piazza Saffi), ma già nel marzo dell’anno successivo si devono trasferire in via Quarda Superiore, in una casa della famiglia Pozzobonello. Non riuscendo a comprare il sito per il prezzo troppo alto, alcuni mesi dopo si spostano in contrada Scarzeria, nel convento già appartenuto ai Padri Scolopi, dove vi rimangono fino al 1634. Nel novembre di quell’anno acquistano alcuni terreni in zona Monticello, ritenuta idonea per la loro fondazione, ma dopo varie cause intentate dagli Ordini religiosi limitrofi (agostiniani e domenicani), sono costretti ad abbandonare il luogo due anni dopo e stabilirsi provvisoriamente in una casa data loro in affitto nei pressi dell’attuale piazza Maddalena da Mons. Francesco Raimondo, grande amico dei Carmelitani, che vive a Roma. Ma anche qui incontrano l’ostilità dei francescani, loro vicini, e un anno dopo devono nuovamente traslocare in Contrada Sansoni (zona del Brandale), dove acquistano a rate una casa e pensano di potere finalmente fondare il loro convento, dato che si verificano due condizioni favorevoli: la risoluzione definitiva delle contese con gli altri Ordini religiosi, grazie all’intervento del delegato Apostolico Mons. Prospero Spinola, e il lascito testamentario di Mons. Francesco Raimondo, deceduto il 15 maggio 1638, che prevede una donazione di 1000 scudi romani all’anno per 15 anni con l’obbligo di costruire una chiesa dedicata alla Madonna del Carmine. In realtà i Carmelitani risiederanno lì per ben 27 anni senza poter mai dare inizio ai lavori di fondazione, sia perché l’esplosione della polveriera di Castel S. Giorgio (zona a sinistra del Priamàr, dove attualmente vi è la terrazza del Crescent), avvenuta in data 7 luglio 1648, che causò morti, feriti e distruzioni, comportò gravi danni anche ai locali in loro possesso, sia perché il Marchese Marcello Raimondo, fratello del loro benefattore, fece di tutto per non adempiere all’esecuzione del testamento. 
   Finalmente il 14 dicembre 1663 il Senato di Genova autorizza i Carmelitani a costruire il Convento in una zona ben definita: la “Contrada di Onzeria”, attuale via Untoria. I Carmelitani vi si trasferiscono il 5 aprile 1664 e il giorno dopo celebrano la prima Messa in una cappella provvisoria. 
   Si arriva quindi alla data del 25 aprile, domenica di Pasqua, in cui viene posata la prima pietra della chiesa, con la seguente iscrizione in latino: D.O.M. ET BEATAE VIRG. MAR. DE CARM. AN. 1664 DIE XXV APRILIS PONT. ALEXANDRI VII AN. IX REGNANTE STEPHANO DE MARI PROMOVENTIBUS ADIUVANTIBUS ECC.MI JO BAPT. 
CENTURIONE ET ALEXANDRO DE GRIMALDIS COOPERANTE ILL.MO D. GUBERNATORE GEORGEO ZOALIO SUMPTIBUS ILL.MI ET REV.MI FRANCISCI DE RAYMUNDIS (A Dio Ottimo Massimo e alla Beata Vergine Maria del Carmelo, il 25 aprile del 1664, anno IX del pontificato di Alessandro VII, con il favore e il patrocinio degli Ecc.mi G.B. Centurione e Alessandro Grimaldi, grazie alla collaborazione del Sig. Governatore Giorgio Zoagli, a spese dell’Ill.mo e Rev.mo Francesco Raimondo). 
   I problemi, comunque, non sono terminati: dopo la posa della prima pietra, i lavori di costruzione della chiesa vanno a rilento a causa del contenzioso con il Marchese Raimondo, il quale contesta ai Carmelitani tre punti fondamentali:
- il luogo non idoneo alla chiesa, per la troppa vicinanza alla fortezza del Priamàr;
- i numerosi difetti del disegno della chiesa;
- il fatto che la spesa si deve limitare alla sola costruzione muraria, escludendo le rifiniture di marmi e pitture.
  Così i lavori intrapresi nel luglio 1665 devono interrompersi all’inizio dell’anno successivo a causa di un decreto di sospensione che il Marchese riesce ad ottenere dal Vescovo. I Padri ricorrono allora alla S. Congregazione dei Vescovi e dei Regolari, che in data 24 gennaio 1667 si pronuncia a loro favore. Nel frattempo  decidono di dedicarsi alla costruzione del convento e per far ciò chiedono in prestito denaro ad altri conventi, vendono alcuni siti in loro possesso e contrattano l’acquisto di terreni confinanti.
   Occorre ricordare che, malgrado la loro precaria sistemazione in locali non adeguati, i Padri Carmelitani riescono a svolgere normalmente la loro vita di preghiera e di apostolato, sono molto apprezzati e benvoluti dalla gente e nel 1668 entrano a far parte, insieme agli altri Ordini religiosi, dei turni di predicazione richiesti nella Cattedrale nei periodi di Avvento e Quaresima.
   In attesa di ricevere i soldi dovuti dal Marchese Raimondo, ottengono dall’apposito ufficio tecnico della Repubblica di Genova il progetto della chiesa, su disegno dell’arch. B. Testa. Essa supera le misure prescritte dalle Costituzioni Carmelitane, che disponevano che le chiese annesse ai conventi avessero una larghezza di 33 palmi e una lunghezza in proporzione: misura infatti 36 x 130 palmi, ma questa eccezione viene accettata per ottemperare alle richieste del benefattore, Mons. Raimondo.
   Le opere ornamentali in marmo vengono affidate a due abilissimi maestri dell’epoca che si occupano rispettivamente della facciata (Bagutti) e delle parti interne (Solimano).
   Finalmente, dopo varie perizie fatte eseguire da entrambe le parti (Carmelitani e Marchese), si giunge anche alla conclusione della contesa: in data 16 ottobre 1678 la S. Congregazione dei Vescovi e Regolari ingiunge al Marchese Raimondo di consegnare ai Padri Carmelitani la seconda rata di scudi 3.750, cosa che avviene il 13 gennaio 1679, mentre il 20 ottobre 1680 definisce il versamento delle ultime due rate. Il Marchese si oppone, appellandosi alla Segnatura di Grazia, ma non trova soddisfazione e in data 21 gennaio 1681 deve versare l’ultima rata: si conclude definitivamente l’incresciosa vicenda. 
   I lavori della chiesa procedono speditamente e così, anche se con molti anni di ritardo a causa della contrapposizione del fratello, si riesce ad esaudire il desiderio del Mons. Raimondo di far nascere a Savona una chiesa dedicata alla Madonna del Carmine assai bella, tanto che ancora oggi essa viene indicata come l’edificio più significativo dell’architettura seicentesca a Savona.
   Tra le richieste riportate nel testamento di Mons. Raimondo, vi era quella di “sistemare una iscrizione e arme (ovvero lo stemma) di Mons. Gerolamo Raimondo”. Costui era lo zio paterno che lo aveva nominato erede universale dei suoi beni e che lui voleva onorare come “patrono onorifico della chiesa”. Tale lapide, visibile ancora oggi sul pavimento di fronte alla balaustra del presbiterio, recita: D.O.M. NOBILIS DOMINUS HIERONIMUS RAYMUNDUS PATRICIUS SAVONENSI REV. CAMERAE APOSTOLICAE CLERICUS EMERITUS OMNI VIRTUTE CLARUS, MUNIFICENTIA CLARIOR SACRUM HOC TEMPLUM AMPLO CENSU, AMPLIORI PIETATE DOMUM HANC MANUFACTAM SIBI EXTRUI MANDAVIT UT NON MANUFACTAM IN COELO AETERNAM 
ACQUIRERET OBIIT DIE XVIII FEBRUARIJ ANNO MDCXXVIII (“a Dio Ottimo Massimo. Il nobiluomo Girolamo Raimondo, patrizio savonese, chierico emerito della Rev. Camera Apostolica, insigne per virtù, più insigne per munificenza, questo sacro tempio con larga beneficenza, ma con più larga pietà, volle costruito per sé: un’abitazione fatta a mano d’uomo per acquistarne una eterna in cielo non edificata dall’uomo. Morì il 18 febbraio 1628”).


Fine I parte: ci riserviamo, appena saranno concluse le ricerche, di proseguire il racconto fino ai giorni nostri.